Onorevoli Colleghi! - Negli ultimi anni si è registrato tra i militari impiegati in varie missioni internazionali l'insorgere in misura anomala di patologie neoplastiche maligne.
      Nel 2001 la morte di numerosi reduci delle missioni in Bosnia e Kossovo aveva fatto parlare di «sindrome dei Balcani». Il 4 gennaio 2001, l'allora Ministro della difesa Sergio Mattarella aveva istituito una commissione di inchiesta per rispondere a una domanda di verità che si faceva sempre più insistente.
      Il 19 marzo 2001 la commissione di inchiesta aveva presentato una «Relazione preliminare sull'incidenza di neoplasie maligne tra i militari impiegati in Bosnia e Kossovo». Venivano esclusi legami tra linfomi e uranio impoverito mentre era segnalata un'anomalia dell'incidenza del linfoma di Hodgkin che rendeva necessari ulteriori studi. Il dottor Vittorio Sabbatini, capo ufficio nucleare del Centro interforze studi applicazioni militari (Cisam) concludeva che «qualcosa di strano c'è». Anche se non si sapeva cosa.
      Il 29 maggio 2001 la commissione ha presentato la seconda parte delle proprie ricerche. L'incidenza dei casi di neoplasie maligne con diagnosi confermata era aggiornata con i casi segnalati entro il 30 aprile 2001 e confrontata con i dati di dodici registri tumori italiani invece dei sette utilizzati nella relazione precedente. Erano riportati, inoltre, i primi risultati delle analisi eseguite su un campione di militari per verificare l'eventuale esposizione all'uranio impoverito. Le conclusioni finali sono state un clamoroso dietrofront. Il numero delle patologie tumorali aveva un'incidenza inferiore ai casi attesi, ma si riscontrava anche un eccesso statisticamente significativo di linfomi di Hodgkin.

 

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      Nel giugno dello stesso anno, inoltre, proprio dagli Stati Uniti arrivava la notizia che lo stesso Pentagono aveva da tempo accertato la pericolosità dell'uranio impoverito dipendente dalla tossicità radiologica ma - soprattutto - chimica dell'isotopo 235.
      Nel frattempo i soldati hanno continuato e continuano ad ammalarsi e in alcuni casi, purtroppo, a morire.
      L'aspetto più triste di questa vicenda risiede, tuttavia, oltre che nel calvario della malattia, anche e soprattutto nel fatto che lo Stato non riconosce quale causa di servizio l'infermità derivante dall'esposizione all'uranio impoverito e dunque nega le cure e l'assistenza a questi sfortunati, costringendoli a un estenuante percorso giudiziario e medico per il riconoscimento dei propri diritti.
      In considerazione delle osservazioni esposte, la presente proposta di legge mira ad inserire le infermità derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito tra quelle che danno diritto a prestazioni previdenziali e assistenziali in quanto derivanti da causa di servizio. Per i soggetti destinatari ciò significa vedere finalmente riconosciuto il valore del sacrificio che essi hanno affrontato e del quale lo Stato deve farsi carico.
 

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